Sono pronta per incamminarmi verso il luogo di pellegrinaggio più alto d’Europa. La neve caduta nei giorni scorsi, complice il bel sole di ieri, dovrebbe essersi completamente sciolta. La prima sfida della mattinata è districarmi tra i tornanti della stretta strada che porta al parcheggio del maso Kühhof a 1550 metri di altitudine. Mi trovo nel comune di Chiusa, in provincia di Bolzano. Alle nove di una qualunque mattina d’inizio ottobre sono presenti solo una manciata di macchine. L’escursione alla chiesetta (e omonimo rifugio) Santa Croce di Lazfons può iniziare!
Ho scoperto per caso sul profilo Instagram di Bell’Italia Magazine l’esistenza di questo itinerario panoramico e me ne sono subito innamorata. Stavo programmando l’imminente vacanza a Bressanone e inserirlo tra le attività da fare è stato istintivo. La pioggia del primo giorno a valle (e neve in quota) mi hanno solo fatto invertire le tabelle di marcia che avevo abbozzato. Dopo averle viste da vicino ieri, oggi posso addirittura vedere le Odle da un’altra prospettiva.
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Santa Croce di Lazfons: il mio pellegrinaggio
Il primo approccio visivo da lontano con la chiesetta avviene già dal parcheggio. C’è da camminare un po’ e, soprattutto, da coprire i 746 metri di dislivello positivo distribuiti su circa 7 chilometri. Considerate le caratteristiche del sentiero che, nell’ultima parte si fa piuttosto ripido, per me ci vogliono circa due ore e mezza. Comprensive delle doverose soste fotografiche per ammirare lo spettacolo delle Dolomiti tutte in fila davanti ai miei occhi.
La larga strada forestale contraddistinta dal segnavia numero 1 sale dolcemente all’ombra di un rassicurante bosco di conifere. Seguono ampi prati punteggiati da caratteristiche baite in legno molto piacevoli da vedere. Il percorso è sempre ben segnalato e, per una volta, il mio fedele GPS può fare da spettatore.
Dopo circa un’ora di cammino passo accanto al primo punto di ristoro presente lungo l’itinerario. Si tratta del rifugio Chiusa al Campaccio (Klausner Hütte) a 1920 metri di altitudine. Il panorama dolomitico di fronte a me è leggermente offuscato dalle nubi che però stanno iniziando a farsi da parte.
Proseguo verso la deliziosa baita Rungger Hütte a 2001 metri di altitudine. Di fronte a me, sulle pendici della cima Ritzlar, la chiesetta Santa Croce di Lazfons m’invita ad affrontare il tratto più ripido. Per non sentirmi sola in questa impresa sarò accompagnata dalle quindici stazioni della Via Crucis. È il momento centrale del mio pellegrinaggio. È su questa ghiaia che formulo le mie intenzioni e prego nell’unico modo che mi riesce bene: camminando.
Santa Croce di Lazfons e il Cristo Nero
Raggiungo quindi le pendici della cima Ritzlar. Proprio qui, a 2296 metri di altitudine, si trova il luogo di pellegrinaggio più alto d’Europa!
Costruito in stile neogotico, spicca per il suo tetto bianco e rosso che ben si distingue nel verde della montagna e dei prati che lo abbracciano. Dall’ultimo sabato di giugno a metà ottobre ospita un’icona molto cara ai pellegrini: il Cristo Nero (Schwarzen Herrgott). La sua peculiarità è quella di proteggere i raccolti (e gli escursionisti) dal maltempo.
Venerato fin dai primi del Settecento, inizialmente era esposto all’aperto. Era quindi necessario proteggerlo dalle intemperie. Per questo il crocifisso fu trattato con una miscela a base di sangue di bue e pece liquida che scurì il legno.
A questo punto, con un’ulteriore oretta di cammino, potrei raggiungere la cima Ritzlar e ammirare il panorama da un punto ancora più alto. Ma io sono felice esattamente dove sono e, quindi, mi fermo per la pausa pranzo. I tavoloni di legno all’esterno del rifugio sono occupati da appena una manciata di escursionisti.
Santa Croce di Lazfons: punto di partenza di vari sentieri
Il rifugio Santa Croce di Lazfons dal 2020 è stato affidato a Klaus Gietl e Katja Ullrich ma per decenni l’apertura estiva è stata gestita dai genitori di Tamara Lunger, alpinista locale famosa per le sue imprese sugli ottomila himalayani. Proprio tra queste montagne, sin da piccola, Tamara iniziò a farsi le ossa.
Dal rifugio partono numerosi sentieri. Se hai voglia di salire ancora più in alto, puoi cimentarti col panoramico anello delle tre cime: Ritzlar, San Cassiano e Samspitze. Oppure puoi dirigerti verso il passo del Lucolo per osservare il panorama che si apre sull’Alpe di Villandro e sulla Val Sarentino.
Preferisci cimentarti con un trekking di più giorni? Da qui puoi affrontare l’itinerario Hufeisentour – Alta via nelle Alpi Val Sarentino da percorrere in sette giorni.
Altri escursionisti arrivano per pranzare. Chi ha terminato il pasto inizia la discesa o prosegue su un altro sentiero. Alcuni stanno arrivando da direzioni diverse dalla mia. Ovviamente il parcheggio del maso Kühhof è solo uno dei punti da cui puoi partire per raggiungere il rifugio.
Santa Croce di Lazfons: la mia discesa controcorrente
Come già accaduto in Val di Funes, nel momento in cui lascio il rifugio questo è preso d’assalto da orde di escursionisti partiti ben più tardi di me. Ne incrocio parecchi nella salita finale che, in discesa, mi sembra ancora più ripida. Ammiro la tenacia di una mountain biker arrivata in sella fin quassù.
Per un lungo tratto sono di nuovo sola. Sfrutto questo tempo per riempirmi gli occhi e il cuore con i massicci montuosi all’orizzonte: Puez, Odle, Sella, Sassolungo e Sassopiatto, Catinaccio.
📝 Consigli avventurosi
L’escursione parte dal parcheggio del maso Kühhof a 1550 metri di altitudine. Ha un dislivello positivo di 746 metri distribuiti su circa 7 chilometri. Il ripido ma fattibile tratto finale porta ai 2296 metri di altitudine della chiesetta Santa Croce di Lazfons. Durante le giornate più serene lo spettacolo delle Dolomiti è meraviglioso.
Il ritorno avviene sulla stessa via.
Complessivamente ho impiegato due ore e mezza a salire e una a scendere.
Alla scoperta di altre avventure in Trentino-Alto Adige!